
I giornalisti, come sappiamo (nemmeno in troppi) sono al lavoro. Le uscite, per quello che mi riguarda sono mediamente 3 al giorno. La mia base di riferimento è la mia abitazione a Cesenatico. Finché non ricevo chiamate sto barricato in casa oppure sto qualche minuto in giardino.
Quando ricevo una chiamata, decido cosa fare: usare una foto di archivio o scattarla. Se è una foto di cronaca ovviamente devo uscire. Il protocollo di uscita dalla mia abitazione è piuttosto severo. Tolgo gli abiti che utilizzo in casa e li metto in un luogo sicuro. All’ingresso di casa ho un sacchetto in plastica con i miei abiti che utilizzo per uscire. Li indosso e metto il giubbotto, le scarpe sono fuori dalla porta.
Vado verso il mio veicolo che è a circa 150 metri da casa e appena sono a bordo mi lavo le mani con l’amuchina. Mi reco sul posto che mi interessa e se posso faccio una o più fotografie senza nemmeno scendere dalla mia autovettura. Se sono costretto a scendere lavo le mani con l’amuchina, metto la mascherina ( che ripongo in un sacchetto per il freezer). Mi trattengo all’esterno per il tempo necessario e sto comunque a metri di distanza dai colleghi, dalle forze dell’ordine e dai cittadini che eventualmente incontro.
Appena ho finito torno in macchina, mi lavo ancora le mani con l’amuchina, nuovamente, tolgo la mascherina e mi reco nel mio ufficio a Cesena. Non torno a casa perché sarebbe un rischio entrare e uscire più volte. Nel mio ufficio aspetto altre chiamate eventuali.
Negli spazi adiacenti al mio ufficio vivono i miei genitori con i quali parlo, li rassicuro ma sto a distanza di vari metri. Mi lavo le mani ogni volta che tocco oggetti o maniglie.
Quando si fa sera, mi preparo per il rientro nella mia abitazione a Cesenatico, faccio un controllo delle fonti per sapere se ci sono fatti o eventi degni di nota. Se tutto va bene salgo in macchina, mi lavo le mani con l’amuchina e parto per Cesenatico.
Dopo aver parcheggiato entro in casa e ricomincia il protocollo di sicurezza: tolgo le scarpe e le lascio furi, mi spoglio sull’ingresso e metto i vestiti nel sacchetto. Passo una soluzione alcolica nel pavimento dell’ingresso e sulle maniglie. Vado in bagno lascio la biancheria in lavanderia e faccio una doccia bollente lavandomi anche i capelli.
Sono protocolli che tecnici sanitari hanno definito esagerati, da “EBOLA” ma non si è mai sicuri quando il nemico è invisibile.